Ultima modifica: 8 Novembre 2017

Ricostruzione di conversazione-Attività di lingua inglese

Dall’esperienza decennale in qualità di insegnante di lingua e cultura italiana per stranieri ho mutuato tra l’altro l’attività didattica nota come Ricostruzione di Conversazione, costruita negli anni grazie alle intuizioni di Christopher Humphries e agli apporti e alle sperimentazioni continue della DILIT IH di Roma, la scuola in cui è nata e cresciuta.

“Uno dei presupposti fondamentali di questa attività è la concezione dell’apprendimento come processo creativo dell’individuo che agisce in un contesto di riferimento. Già Piaget, Vygotsikij e Bruner avevano riconosciuto il ruolo attivo del discente nella costruzione della propria conoscenza e nello sviluppo mentale in generale. Questo riconoscimento è diventato il punto di partenza per l’organizzazione di una nuova didattica centrata sul discente, che ha come obiettivo lo sviluppo della libertà decisionale dell’individuo e il suo potenziamento all’interno di un contesto comunicativo che promuove l’integrazione delle conoscenze con i propri pari. Proprio a partire da questa considerazione il ruolo dell’insegnante è passato da quello di “trasmettitore della conoscenza“ a quello di “facilitatore” del processo attivo che permette al discente di apprendere.” (Alessandro Zafarana e Katia D’Angelo, La Ricostruzione di Conversazione e il Puzzle Linguistico: principi teorici).

La Ricostruzione di conversazione è una tecnica potentissima per far sì che gli studenti spingano la loro interlingua al massimo, pensino in termini linguistici, facciano ipotesi continue alla ricerca del modo attraverso cui un nativo potrebbe esprimere un certo significato, immaginando sia il cosa (centrando cioè l’attenzione sull’aspetto pragmatico) che il come (facendo cioè grammatica per esprimere quel “come” in modo “corretto”).

Ecco uno stralcio dall’articolo di Katia D’Angelo, La costruzione della conoscenza. Descrizione della Ricostruzione di Conversazione, in cui sono spiegati i passaggi fondamentali dell’attività didattica.

“Nella Ricostruzione di conversazione si vuole far ricostruire allo studente un brano di conversazione autentica, partendo dallo stimolo delle sue aspettative. Poiché nella Ricostruzione di conversazione non si utilizzano ascolti e non è quindi possibile contare su un contesto presentato precedentemente, è l’insegnante che deve assicurarsi che tale contesto sia chiaramente compreso dagli studenti.

  • L’insegnante – prima di entrare in classe – sceglie una conversazione e la divide in atti linguistici.

  • Invita gli studenti a non scrivere e a osservare.

  • Servendosi di oggetti, disegni, mimi, immagini e poche parole, racconta il contesto comunicativo della conversazione (compreso eventuali antefatti) e “ricrea” la realtà in cui si muoveranno i personaggi che animano la conversazione, i quali vengono rappresentati in modo che risultino ben distinti nello spazio e ben caratterizzati individualmente (con oggetti e qualche indumento di riferimento).

  • L’insegnante segnala l’inizio del primo atto linguistico dicendo: “La conversazione inizia adesso” e presenta – prevalentemente tramite il mimo – il primo atto linguistico.

Vediamo che il docente richiede l’attenzione e l’immaginazione di tutti per completare un quadro della situazione che è, per forza di cose, imperfetto.

La parola “quadro” è particolarmente appropriata, visto che l’insegnante è chiamato a rendere chiaro il contesto dell’antefatto, aiutandosi con oggetti simbolici e gesti che rendano visibile l’involucro della produzione prettamente linguistica.

In generale, per ricreare il contesto, si deve fare una selezione molto limitata di pochi elementi fortemente evocativi e lasciare agli studenti il compito di intuire il resto.

Anche per introdurre gli atti linguistici (presentati uno per volta) l’insegnante ricorre all’uso di codici non linguistici (cinesico, oggettuale, prossemico, gestuale, visivo) i quali non vengono integrati nell’enunciato, nel senso che l’insegnante non pronuncia contemporaneamente alla messa in scena l’enunciato che realizza l’atto linguistico.

Questo procedimento, spesso visto dagli insegnanti come eccessivamente compromettente o imbarazzante è, al contrario, degno di tutta la nostra attenzione, poiché costituisce una delle ragioni per cui l’apprendimento ottenuto attraverso la Ricostruzione di conversazione è estremamente efficace.

[…]

La scelta organizzativa della RC, che parte da una rappresentazione prevalentemente iconica e attiva della conversazione e la fissa saldamente al contesto linguistico, agevola il discente nella sua costruzione della conoscenza. Il ricorso ad “azioni” e “immagini riassuntive” da parte dell’insegnante, prima della ricostruzione, stimola la mente a creare le corrispondenze tra contenuto linguistico ed extralinguistico. Parallelamente, l’insegnante enfatizza con gesti ed espressioni del volto gli aspetti paralinguistici della conversazione e riteniamo che anche questi aspetti della lingua rientrino nella sfera attiva o iconica di rappresentazione del mondo. Al momento della messa in scena da parte del discente, fatta fare rispettando la disposizione nello spazio dei personaggi e caratterizzandoli con la stessa gestualità e gli stessi oggetti usati dall’insegnante, lo studente stesso è chiamato a far ricorso a quanto di non-linguistico è presente nella conversazione. Si percorre, così facendo, un viaggio a ritroso che parte dalla rappresentazione simbolica (gli atti linguistici) e si ricollega a quella immaginativa e attiva, fissando tutto il contesto nella mente del discente e stimolando l’acquisizione del contenuto globale dell’attività.”

Rimando al resto dell’articolo pubblicato nella sezione Bollettini del sito DILIT per l’analisi del percorso di apprendimento e per la descrizione dell’uso delle mani, fondamentale strumento plurivalente.

A conclusione della mia presentazione, inserisco foto della conversazione bersaglio (adattata da Language for Life A2, U1) e di alcuni appunti presi nel corso della preparazione dell’attività, presentata con buon successo nella classe 1B del nostro liceo scientifico.

 

Anna Campisi Policano

 




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