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Ha avuto luogo a Kayseri, nell’Anatolia centrale, dal 5 al 16 novembre, il secondo incontro previsto nell’ambito del progetto Erasmus+KA2 Cooperation for Innovation and the Exchange of good Practice. Partnership for School Education, dal titolo T.A.L.E.N.T.ED. (Training for Advanced Level E-material with New Technologies in Education), cui prendono parte istituti scolastici d’Istruzione Superiore di Turchia, Ungheria, Romania, Lituania, Portogallo e Italia, rappresentata dall’I.I.S.S. “Francesco Redi†con i docenti Tania Fiorito, Rossella Lupo e Salvatore Fichera. Scopo del progetto, rivolto esclusivamente ai docenti, è l’acquisizione e il potenziamento di competenze nella didattica digitalizzata, con l’utilizzo di software ai fini della gestione e del controllo delle attività e dei processi dell’apprendimento da parte degli alunni e di riflesso, di una valutazione scolastica quanto più aderente alle effettive capacità espresse dai medesimi. Un terreno di sperimentazione delicato, di tenore strategico, nella prospettiva di un rinnovamento della didattica, che impone un aggiornamento continuo nell’interfaccia fra il ricorso a supporti tecnologici sempre più sofisticati, l’adozione di metodologie d’insegnamento più raffinate e la concreta esperienza nelle aule, fase terminale e di verifica cui è finalizzata una preparazione imposta dalle dinamiche in atto in ogni ambito della formazione.
I software su cui ci si è soffermati a Kayseri nel corso delle sessioni di lavoro, effettuate al Kayseri EÄŸitim Kültür ve Gençik DerneÄŸi e al Kayseri il Milli EÄŸitim Müdürlügü, hanno avuto al centro i software denominati, rispettivamente, “Smartboard†“Google Classroomâ€, mediante i quali preparare test per gli alunni, predisponendo lezioni online lezioni sia di gruppo che per singoli. La verifica dei risultati finali è resa accessibile alle famiglie dei discenti tramite password. Sono state giornate di intenso lavoro, svolto in lingua inglese e tanto più impegnative per chi non ha sufficiente dimestichezza con questa lingua, per quanto l’aiuto della docente della disciplina, prof.ssa Lupo, abbia supplito egregiamente alle carenze dei docenti per i quali l’inglese non forma oggetto di studio né costituisce strumento di lavoro. L’esperienza, del resto, non si limitava alla partecipazione, più o meno attiva, alle lezioni cui assistere, né a una applicazione circoscritta al corretto uso della tastiera. Il progetto, infatti, prevede l’interazione di gruppi di lavoro con il corpo docente degli Istituti ospiti: questo aspetto è stato il più utile sotto il profilo strettamente didattico, perché ha dato modo di verificare ‘sul campo’ la validità del corso. Alla fine, i docenti hanno conseguito le certificazioni relative, che attestano di un lavoro condotto con scrupolo e del resto, con particolare interesse, data anche la novità di questi nuovi approcci alla didattica.
Non sono mancati momenti di intrattenimento, che hanno sdrammatizzato e anzi, capovolto l’immagine che i recenti fatti occorsi hanno ingenerato nell’opinione pubblica europea: a meno che non si voglia considerare l’ordine, la pulizia, il rispetto che è stato dimostrato ai corsisti come un’operazione d’immagine. Cosa che si può escludere, almeno in questo caso, dal momento che sia le esperienze di lavoro che la quotidianità , per capirci, sono perfettamente in linea con quanto si è avuto modo di constatare in precedenti circostanze progettuali, diciamo così, quando fra Kayseri e Paternò si è instaurata una sorta di partnership pronta a trasformarsi in una sorta di gemellaggio. E a esserne lusingata sarebbe non questa o quella città o un determinato Istituto o un altro, ma, come suol dirsi, il confronto fra il sistema-Paese. La Turchia è sorprendente, sotto qualunque angolo di visuale.
Al punto che si potrebbe rovesciare il discorso: nonché occasione per stupirsi, Kayseri ha offerto l’opportunità di confermarsi all’altezza di un passato imperiale, né solo ottomano e prima ancora, bizantino né principalmente romano, se si pensa a Kayseri/Cesarea, omaggio al (discusso) Principato di Tiberio (in fondo, il nuovo regime si è stabilito grazie al chiacchierato e poi, vituperato Tiberius/biberius, dato l’indole saturnina della sua soggezione a Bacco), che la eresse a capoluogo della provincia di Cappadocia. Non va dimenticato che Kayseri era stata sede, col mutamento della toponomastica e nei rovesci di fortuna, quand’anche in un ruolo vassallatico dei re delle ‘Quattro parti del Mondo†accadici e quindi, sotto gli Ititti, di snodi strategici, commerciali e culturali di primaria importanza, non venuta meno successivamente (o non troppo a lungo). Per non dire che annovera figli illustri: basti ricordare, per il mondo cristiano santi e teologi quali Basilio Magno, Gregorio di Nissa (ma nato e formatosi a Cesarea), Gregorio di Cesarea (appunto).
E proprio nel segno del passato cristiano non si può ignorare la Valle dei Monasteri della Cappadocia, con i loro eremi cui hanno collaborato l’azione degli elementi naturali e l’opera dell’uomo, per un totale di 150 ‘edifici’, fra chiese e cenobi, scavati nella roccia e affrescati dai monaci. Ugualmente belle le moschee, sontuose e d’incanto le escursioni intorno alla città , con paesaggi da mozzare il fiato.
Ma la scoperta che più ha colpito i docenti in visita, compresa chi aveva già avuto occasione di partecipare a precedenti progetti svoltisi a Kayseri, è stata la tecnica della pittura sull’acqua, l’Ebru (nuvoloso in lingua turca), che risale a tremila anni fa circa e proviene dall’India, a quanto ci è stato spiegato. Nell’Ebru, si utilizzano fogli di carta posti a galleggiare sulla superficie dell’acqua e utilizzando per la decorazione colori insolubili, pigmenti a olio a base di trementina. Questi vengono adagiati sulla superficie dell’acqua e i disegni che compongono, resistendo allo scioglimento, si imprimono sul foglio che vi viene sovrapposto e che va ritirato con una certa destrezza quando l’acqua dà segno di filtrare. L’effetto è nitido, di lucentezza essa stessa fluida, che fa assumere un carattere moderno a questo tatuaggio liquido dall’ascendenza tanto remota: in alcuni casi, quando si utilizzano grandi vasche non per ottenere dipinti, ma solo ai fini dello spettacolo, i colori vengono fatti ardere prima di decomporsi. E questo falò magico è, forse, l’immagine in cui ardono le emozioni che una terra così sorprendentemente bella e accogliente è in grado di offrire.
Rocco Giudice.
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