Scuola e lavoro: un binomio di successo. Il caso di Brunia, eccellenze agroalimentari

Fare impresa: come? Cosa produrre? E come promuovere un prodotto, quali i canali di distribuzione più efficaci, come garantirsi il successo

Fare impresa: come? Cosa produrre? E come promuovere un prodotto, quali i canali di distribuzione più efficaci, come garantirsi il successo e evitare le diseconomie di scala (accrescere le dimensioni dell’impresa abbattendo i costi di produzione e gestione)? Sono temi su cui istituzioni pubbliche e associazioni di categoria sono impegnate per diffondere lo spirito imprenditoriale come strumento per competere in un’economia sempre più integrata a livello globale. Una sfida serrata, non di rado, crudele, come sappiamo, non solo nelle contingenze della recessione o stagnazione in atto: e chi non vuole esserne travolto e soccombere deve sottostare alle regole del gioco, la deregulation, la liberalizzazione del commercio vale per le piccole imprese non meno che per le grandi. Nessuno può dirsi al riparo da una competizione che richiede maggiore flessibilità, capacità di rimodulare in tempo reale forme e ritmi di produzione, di aggiornarsi tempestivamente. Tanto meglio per chi gioca d’anticipo e non aspetta le sollecitazioni, quasi mai indolori, che arrivano da mercati le cui dimensioni è l’impresa stessa, se sa stare alle regole per imporre le proprie, a ritagliarsi e a orientare sulla base di feed-back, di risposte sulla qualità  di beni e servizi che occorre saper leggere e prima ancora, occorre sapere interrogare con una maieutica, del resto, all’epoca pre-grande distribuzione, assai sviluppata nel negoziante che, con un marketing il cui raggio si esauriva all’interno del quartiere, conosceva uno per uno i propri clienti.

Sembra una contraddizione in termini, ma è l’abc della post-modernità: personalizzare l’offerta, ma su scala globale; confezionare prodotti su misura, come i vecchi artigiani, ma rispondendo con una tempistica da produzione in serie a esigenze, preferenze, richieste del consumatore; essere glocal, coniugando le specificità tipiche del denominazione d’origine e l’orizzonte locale con la dimensione potenzialmente internazionale dello sbocco di mercato. Che il ramo in cui operate sia l’industria automobilistica o la vendita al minuto di cioccolatini, non cambia: piaccia o no, così va il mondo: ed è inutile e appare velleitario chiedersi verso dove.

Sono cose che sappiamo. Lo sanno anche alla Brunia, di cui diremo a breve.

Giocare d’anticipo, si è detto: sappiamo anche questo. C’è un luogo, una istituzione in cui il futuro ha un volto, giovane e avido di vita: la scuola, il luogo della formazione delle nuove generazioni. Il ruolo strategico della scuola si impone maniera sempre più visibile, in questa partita senza esclusione di colpi d’ala: che la terapia scolastica contro gli stress dell’economia in fase di ristrutturazione mondiale possa funzionare e di fatto, funzioni, è bene si sappia. Perciò torniamo al punto, è bene si sappia della Brunia (cercate sul web www.brunia.it): chiedete loro della scuola: a Cristiano Palumbo, che ha frequentato l’I.P.A.A. Santo Asero e della Brunia (per smemorati e insipienti di filologia siciliana: dicesi, anzi, dicevasi brunia un vasetto di vetro o di terracotta per conserve e confetture), azienda a conduzione familiare, è parte integrante e attiva, come uno dei princìpi biologici all’opera nelle conserve. Andate sul sito della Brunia e troverete la varietà di un’offerta di sapori e non solo di sapori, anche di saperi, non solo relativi al gusto delle cose buone da mangiare, ma anche da imparare sulla civiltà da cui veniamo e che tocca a noi portare avanti. Troverete antipasti e contorni tradizionali, dalla caponata, nella versione catanese e in quella palermitana, al pomodoro ripieno e al peperoncino ripieno di tonno e capperi, alla peperonata siciliana, alle melanzane grigliate, per dire solo di alcune star della prima linea di un défilé di leccornie di cui farete bene a accertarvi di persona. Si continua con la galleria di capolavori dei pâté: di carciofi con funghi porcini, di finocchietto selvatico e peperoncino, di carciofi e mandorle, olive nere con acciughe… Non so se abbiamo reso l’idea. Poi, il pesto: eoliano, Etna, palermitano, radicchio rosso, rucola selvatica. Quindi, i sughi, capitolo assai ghiotto di cui ci limiteremo a citare Passione di Sicilia, solista di un ensemble di orchestrali di primordine per un concerto di delizie per cui converrebbe rubricare l’offerta di Brunia, più che come menu, come libretto di sala. E che dire delle marmellate? Premesso che per gustare a fondo ciò che la natura fornisce e l’ars gastronomica ammannisce a perfezione e onore del lavoro del contadino e della perizia dell’agronomo, occorrerebbe disporre di un palato assoluto quale equivalente dell’orecchio assoluto per apprezzare la gamma che, per restare alla Brunia, tappezza, come un mosaico i cui tasselli sono le vostre papille gustative, la volta del palato con la guarnizione di un arcobaleno di sapori teso dai gelsi neri alle arance amare, dalle pere coscia – squisitezza tipica delle nostre parti al mix di agrumi. E non è da meno, né per varietà  né per qualità , la parata dei tipi di miele, cui arrendersi in nome dell’amore universale della buona tavola: pistacchio, mandorla, peperoncino e mandorla, ficodindia, timo, sulla… Mi arrendo e getto la mia lingua ai cani anche solo per elencare quello che offrono scorzette e dolci tipici: si stanca prima la lingua del palato: provare per credere. La scelta della materia prima, che privilegia le produzioni locali, esaltate da un lavoro eseguito manualmente, garantiscono la genuinità a tutto vantaggio del sapore e a beneficio della salute del fruitore.

Cristiano ha frequentato l’Istituto Santo Asero e qui ha conseguito le cognizioni basilari e le abililà  capitali che, insieme all’intelligenza e al senso della disciplina che lo caratterizzano e al rispetto degli altri, che si vorrebbe dire innato, in lui, se non fosse dovuto anch’esso all’educazione ricevuta a casa come eredità fra altri cespiti di un’esperienza messa a frutto nell’azienda di famiglia, lo hanno spinto a misurarsi con la realtà del lavoro. La scuola somiglia o cerca di somigliare sempre più a una stampante in 3-d del futuro e del mondo reale: molto dipende dai giovani e dalle famiglie, ma quello che è possibile aspettarsi da parte dell’Istituzione scolastica e di chi ci lavora credendo nella propria funzione, nelle proprie capacità  e nei giovani, viene fatto in modo sempre più diretto e a tutto tondo, per dirla in termini d’arte come è arte il modellare la materia viva di chiunque desideri apprendere ciò che gli permette di realizzarsi sul piano personale e sociale.

All’I.P.A.A. Santo Asero Cristiano Palumbo ha incontrato persone, non solo docenti che si trovano lì per scelta o per avvicendamenti dettati da logiche di carattere amministrativo, che lo hanno aiutato in questo processo di crescita. Per es., l’esperienza dei laboratori di trasformazione agroalimentare, avvenuta sotto la direzione e supervisione del prof. Adriano Villa, con gli stage effettuati fuori della Sicilia presso aziende multifunzionali, hanno avuto una parte fondamentale nell’orientare le scelte professionali di Cristiano. Lo stesso discorso può essere replicato per gli altri docenti dell’area professionalizzante: la prof.ssa Gerda Nizzari, il prof. Giovanni Sapienza, il prof. Salvatore Russo Forcina, il prof. Antonino Saccà, il prof. Alfio Baudo, il prof Aureliano Arena. Senza scordare il resto del corpo docente, per dire del complessivo assetto di un Istituto che, sotto la direzione del Dirigente Scolastico, prof. Silvio Galeano, sta perseguendo un’azione di rinnovamento della didattica sempre più incisiva e di un rapporto più stretto con le realtà amministrative, economiche, culturali del territorio. I risultati si vedono, in un caso come quello di Cristano Palumbo e di “Brunia”: un successo crescente sul piano personale, sociale e scolastico, di cui ci rallegriamo come concittadini  effettivi o in pectore e come consumatori, assai interessati a tutto ciò che è buono e che fa bene.

Rocco Giudice